giovedì 12 aprile 2018

BANG- scacchiera- Toyo Ito- Forum per la musica, la danza e la cultura visiva


Parte ottava

La rivoluzione informatica

L’11 Settembre del 2001 è un giorno che tutti noi fatichiamo a dimenticare, segna un grande cambiamento nel mondo. Ci si inizia a chiedere come possiamo utilizzare in modo consapevole l’elettronica e il digitale anche all’interno della nostra disciplina. C’è una ricerca dello strumento, non solo nell’aspetto della progettazione ma anche in quello intellettuale, strumento inteso non come  prolungamento dei sensi (come lo è un utensile), ma come materializzazione del pensiero (Koyrè 1967).

L’Information Technology è lo strumento principali ai giorni nostri. La presenza dell’informatica nell’architettura è una rivoluzione e deve servire ogni tipo di problema, per raggiungere una democraticità delle informazioni si cerca la soluzione a ogni crisi del nostro tempo. Con l’immaginazione si possono affrontare le crisi tramite l’architettura.



Il tema del paesaggio

L’International Port Terminal a Yokohama, in cui il paesaggio è sia naturale che artificiale, assolve a tutte le esigenze. È stato fondamentale l’uso di strumenti informatici di controllo sia nella progettazione che nel cantiere. Zaha Hadid persegue il rapporto tra paesaggio e architettura, l’una si mutua nell’altro e viceversa.

La digitalizzazione. All is bit

Il personale computer si diffonde, e così il wi-fi, permettendo sempre di essere connessi e avere informazioni in qualsiasi momento.

Il simbolo dello schermo diventa onnipresente, cavalcato da Herzog e De Meuron, nell’Alliance Stadium di Monaco, ha una pelle plastica con luci cangianti. È sia bidimensionale che tridimensionale, dà l’idea di poter saltare dentro lo schermo.

L’opera di Benedetta Tagliabue e Enric Miralles, il Mercato di Santa Caterina a Barcellona, la cui grande copertura ondulata unifica le funzioni, inoltre l’ondulatura è variabile, è una geometria variabile. Evoca la presenza di uno schermo.

Jean Nouvel e la Torre Agbar a Barcellona, usa delle forme primarie e sembra pixelata, tutta la struttura è tecnologica.

Centro BMW di Zaha Hadid, in cui mescola i binari delle catene di montaggio e i nastri trasportatori con il resto dei servizi terziari. Il paesaggio è abitato e condiviso e stringe un forte rapporto con il pubblico.

La definizione di paesaggio informatico è data dal rapporto dei metodi di indagine e la scienza contemporanea.

Ormai si possono fare simulazioni al pc e indagare i meccanismi geonetici dei fenomeni, creando nuove metodologie di progetto.

Per il progetto del New World Trade Center a New York, fu formato il gruppo United Architects. Sono tutti architetti in rapporto con il paesaggio, la morfogenesi e l’informatica. Le forme delle torri sono date da algoritmi manipolabili.

Nel SK Building a Seoul, dei RAD, i temi architettonici e urbani si combinano alla digitalizzazione. Il basamento è formato da un nastro che si avvolge e forma i diversi livelli dell’edificio, sopra un solido distorto e discontinuo nella superficie. Il sistema delle luci e del suono di notte diventano elementi attivi. E’ una pelle digitalizzata, la luce è emessa tra due pannelli e inoltre il colore muta nel tempo.



Processi e diagrammi

Diagrammi abitati

Eisenman ha la sua tecnica progettuale: la piega usata per conformare insieme architettura e paesaggio.

Per Greg Lynn e Jeffrey Hipnis è diverso, per loro è fondamentale il diagramma, ovvero una sequenza di relazioni possibili del progetto di derivazione matematica.

Lo Studio UN usa l’anello Mobius, una linea continua a forma di infinito con ambo le parti sia indipendenti che intrecciate. Da qui l’idea di un nastro che si intreccia. Ciò porta ad avere un diagramma iniziale e alla fine l’opera è un condensatore di memorie che porta con se le azioni-eventi che hanno dato la forma finale. Il folding lascia aperti esiti futuri.



Modelli informatici

L’informatica dà la possibilità di variare le informazioni in una logica sistematica. C’è la tendenza verso un modello globale che contiene tutte le informazioni del progetto che sono legate dinamicamente fra loro, è possibile quindi cambiare in modo simultaneo ogni informazione ad ogni modifica apportata. Si inverte così anche il processo progettuale: dalla formazione della pelle si passa alle orditure secondarie, poi alla struttura e infine alla conformazione degli spazi. Ciò è opposto al processo industriale e modernista.



Architettura infrastruttura

Le infrastrutture devono vivere il paesaggio radicandosi al suolo. La stazione Iidabashi a Tokio di Watanabe nasce per creare una ramificazione come se facesse parte di un corpo. Il tutto computerizzato è mutabile.

Kas Oosteerhuis crede che l’informatica si possa inserire nel settore delle costruzioni. Mostra interesse alla dimensione infrastrutturale del progetto informatico nel Leidsche Rijn presso Utrecht dove fa una barriera acustica originale.



Fluidità e nuove connessioni

Spazio tempo e informazione

La nuova concezione vuole che lo spazio assuma relazioni con l’oggetto. Non sono dissociabili, ci si inizia a chiedere se lo spazio esista o meno. Novak nella biennale di Venezia del 2000 crea una porzione di spazio completamente diversa da quella circostante, uno spazio invisibile ma esistente. Le mani che si muovono nello spazio suonano uno strumento, in più i movimenti sono proiettati in tempo reale su uno schermo. Il visitatore crea lui stesso forme tridimensionali.

Siccome lo spazio è informazione, esso senz’altro esiste e può generare altre informazioni. L’architetto può plasmare tempo e spazio.



Protesi tecnologiche

L’informazione è la materia prima dell’architettura e lo spazio stesso è informazione, per ciò la nuova coscienza va pensata in modo interattivo.

Catalizzatore, ipertesto, modello e tempo  L’interattività è l’elemento catalizzatore di questa fase della ricerca architettonica, permette di navigare e costruire sistemi ipertestuali. L’interattività pone al centro il soggetto e incorpora le caratteristiche essenziali dei sistemi informatici. In più gioca con il tempo e indica un’idea di continua configurazione spaziale. L’architettura può trasformarsi al mutare delle situazioni climatiche o ambientali, o mutare in base alle funzioni, e anche i materiali. In più si aggiunge un’interattività emotiva, con sensori si interagisce nella percezione delle persone.



Toyo Ito

È uno dei più maturi ricercatori dei rapporti tra informatica e architettura.

1986 Yokohama: una torre dell’acqua per i sistemi di condizionamento di un centro commerciale emerge nella città per 21 m. trasforma la cisterna in uno scambiatore di informazioni, una architettura sensibile e reattiva. Si modifica in base al flusso della vita e delle situazioni nel mutare delle ore del giorno. Ci sono persino altoparlanti per la musica. È una costruzione che interagisce con l’ambiente e che usa l’elettronica come elemento fondamentale di scambio.

Uovo dei venti a Tokyo del 1989:  sui pannelli vengono trasmesse immagini che si sovrappongono a quelle della città (gioco tra dentro e fuori).

È giapponese, vede la tecnologia proiettata verso la natura e i suoi elementi (aria, vento, luce, acqua). L’acqua genera la Mediateca di Sendai, grandi alberi strutturali si immergono in una superficie trasparente e si muovono come flussi.

L’opera House a Taichung, l’acqua è forza generatrice poiché il progetto sembra seguire il movimento di una goccia che plasma la materia in modo continuo.

Forum musica e danza a Gent, la griglia emergente è l’idea di un’evoluzione geniale degli spazi sonori e spazi multifunzionali. Questi due tipi di spazi si dispongono in una griglia e poi vengono deformati nel sistema globale, sia in pianta che in sezione. L’idea è una goccia che scava lo spazio. Il suono è come un fluido che attraversa l’intera fabbrica, concavità e convessità risucchiano l’intorno dentro il progetto.

I pilastri e i solai sono inglobati in un involucro continuo.



Nuvole di informazioni

Blur e Yverdo-Les-Bains offrono una nuova architettura che è informazione tramite sensori l’edificio muta costantemente al variare di situazioni esterne tramite una lettura e la trasformazione elettronica delle info ambientali. L’edificio diventa un elemento di mediazione che tramite l’intelligenza softwere decide che input usare e quale output erogare. Ovviamente questi dati possono essere sempre cambiati.



Esseri viventi informatici e progettazione sistemica

Si deduce che l’architettura può intessere rapporti con l’ambiente. Lo fa anche Philip Rahm, lavora a un’idea di spazio definito dalle informazioni (Padiglione svizzero Hormonorium alla Biennale).

Roche e R&Sie lavorano sul valore simbolico ed evocativo dell’architettura, sul paesaggio e sulla ricerca informatica (interattività). Tendono a considerare gli edifici come esseri viventi (essenza vegetale e quella materiale).



Scienza e sostenibilità

Arte, architettura, urbanistica, ingegneria, antropologia e scienze possono instaurare un nuovo equilibrio tra natura e città.



Rivoluzione industriale e informatica

Troppi cambiamenti in poco tempo, anche l’architettura va riformulata. Un’architettura soggettiva, personalizzabile e che comunica. Si lavora per strutture continue e connessse fra loro, e non più in modo industriale come fossero oggetti su un vassoio.




mercoledì 4 aprile 2018

Imprinting


Nel lontano giugno del 1998 i miei nonni acquistarono una proprietà boschiva di fronte casa, sulle pendici del Monte della Rosetta, a Canale Monterano, un paese in provincia di Roma, arroccato sui rilievi dei Monti Sabatini. E siccome tutto il paese è in pendio, anche il bosco si estendeva in pendenza.

Il primo ricordo che ho del bosco è un muro di rovi, impossibile da attraversare senza farsi male, che si attorcigliavano proprio all’altezza del mio viso, poiché nonno mi portava in braccio per mostrarmi la proprietà appena comprata. Pensai che fosse molto spaventoso e non volevo avvicinarmi, non capivo perché era così contento di mostrarmi tutta quella natura incolta.

Poi, come per magia, i rovi sparirono e lasciarono il posto ad un piazzale pavimentato, che oltre a fungere da parcheggio, era sia un perfetto campo da basket, sia una formidabile pista per le biciclette. Non era solo il nido di rovi ad aver subito una trasformazione, pian piano l’intero lotto del bosco era bonificato e reso sicuro. Nonno, che all’inizio vedeva soltanto un utile parcheggio, pian piano capì che poteva essere un parco giochi per noi nipoti e non ci mise molto a costruire cose.


Mio nonno, è famoso per la sua inventiva, e armato di chiodi e martello si diede da fare, ma nonostante sembrasse un compito arduo nel giro di un anno aveva già dato al bosco i connotati che ha ancora oggi.

Dapprima costruì una casetta di legno, con i tetti spioventi, e una porticina sempre troppo bassa con noi che crescevamo di anno in anno. Dentro, tenevamo i nostri giochi, le biciclette, una cucina finta, un telefono finto, panche, un tavolo. Insomma c’era tutto, tranne un letto. Prendevo sempre le misure per capire se ci stava bene un letto, ero piccola, sdraiata in orizzontale ci stavo appieno. Ho sempre voluto abitarci, e chiesto troppe volte di fare un ampliamento, ma non mi hanno mai accontentata, alla fine mi arresi, in fondo era perfetta così. Ci tenevo molto alla cura della mia casetta, tutte le volte che ci andavo la pulivo da cima a fondo, con una scopetta alta quanto me, e di sporcizia e foglie secche ne era piena, dentro un bosco! Era praticamente casa mia, mancava soltanto il mio nome sotto il campanello (che tra l’altro c’è!).  Faticavo ad accettare che dovevo condividerla con mio fratello, ma me ne dimenticavo in fretta quando giocavamo, soprattutto quando ci univamo contro nonno che impersonava il famigerato orso “grizzly” e che quindi dovevamo proteggerci nella casetta e al momento buono scappare con i fucili di legno sulle spalle. Aspettavamo il momento opportuno per uscire dalla finestra e correvamo via, lasciando nonno a girare intorno alla casetta, convinto che eravamo ancora dentro (non ho mai capito se ce lo faceva credere o se ne accorgeva… ).

Il più delle volte ci rintanavamo dietro la roccia magica, e aspettavamo che ci trovasse. Quella roccia era il punto da cui potevamo vedere sia la casetta che il piazzale, e tutto il panorama di fronte, poiché il bosco si estende in salita. Insomma, era un punto strategico, in più offriva gli spunti per numerose avventure, ed ecco perché la chiamavamo “roccia magica”. Appena sotto la roccia, aveva installato un’altalena, sempre home made, due posti, ovviamente, che era perfetta per trasformarsi in un’astronave.
Ormai conoscevo il bosco come le mie stesse tasche, poiché ci passavo la maggior parte del tempo libero, sapevo dove posizionare ogni singola roccia e ogni singolo albero. Parlando di vegetazione, sicuramente hanno la meglio querce e castagni, che in autunno danno una miriade di castagne, e inoltre è terreno fertile per i funghi porcini... quando le talpe non distruggono il terreno costellandolo di buche!
Oggi, anche dopo venti anni e mille avventure sulle spalle, lo spirito del bosco non è variato. Certo, non corro più con un fucile in spalla tra radici e sassi, e dentro la casetta devo stare attenta a non sbattere la testa, ma è e sarà sempre il posto magico della mia infanzia. Adesso ci sono i miei cuginetti a vivere appieno il bosco, e sono felice che possano farlo come l’ho fatto io.
E chissà, magari anche i miei figli ci giocheranno?

Sicuramente la sezione rappresenta al meglio la caratteristica del bosco poiché si estende in salita, ci sono dislivelli e salti di quota. Importanti sono anche le rocce.

Non so se questo imprinting possa caratterizzare il progetto futuro, ma mi piace pensare al ruolo della roccia in mezzo al bosco.  Ho inserito la roccia in un paesaggio fiabesco, poiché era questo ciò che rappresentava nella mia infanzia. Chissà che il nuovo edificio possa incarnare il significato che davo alla roccia all'interno di un tessuto urbano, dove non ci sono limiti alla fantasia e alla sperimentazione.

Due aggettivi appropriati sono: ASCENDENTE - FANTASTICO