mercoledì 4 aprile 2018

Imprinting


Nel lontano giugno del 1998 i miei nonni acquistarono una proprietà boschiva di fronte casa, sulle pendici del Monte della Rosetta, a Canale Monterano, un paese in provincia di Roma, arroccato sui rilievi dei Monti Sabatini. E siccome tutto il paese è in pendio, anche il bosco si estendeva in pendenza.

Il primo ricordo che ho del bosco è un muro di rovi, impossibile da attraversare senza farsi male, che si attorcigliavano proprio all’altezza del mio viso, poiché nonno mi portava in braccio per mostrarmi la proprietà appena comprata. Pensai che fosse molto spaventoso e non volevo avvicinarmi, non capivo perché era così contento di mostrarmi tutta quella natura incolta.

Poi, come per magia, i rovi sparirono e lasciarono il posto ad un piazzale pavimentato, che oltre a fungere da parcheggio, era sia un perfetto campo da basket, sia una formidabile pista per le biciclette. Non era solo il nido di rovi ad aver subito una trasformazione, pian piano l’intero lotto del bosco era bonificato e reso sicuro. Nonno, che all’inizio vedeva soltanto un utile parcheggio, pian piano capì che poteva essere un parco giochi per noi nipoti e non ci mise molto a costruire cose.


Mio nonno, è famoso per la sua inventiva, e armato di chiodi e martello si diede da fare, ma nonostante sembrasse un compito arduo nel giro di un anno aveva già dato al bosco i connotati che ha ancora oggi.

Dapprima costruì una casetta di legno, con i tetti spioventi, e una porticina sempre troppo bassa con noi che crescevamo di anno in anno. Dentro, tenevamo i nostri giochi, le biciclette, una cucina finta, un telefono finto, panche, un tavolo. Insomma c’era tutto, tranne un letto. Prendevo sempre le misure per capire se ci stava bene un letto, ero piccola, sdraiata in orizzontale ci stavo appieno. Ho sempre voluto abitarci, e chiesto troppe volte di fare un ampliamento, ma non mi hanno mai accontentata, alla fine mi arresi, in fondo era perfetta così. Ci tenevo molto alla cura della mia casetta, tutte le volte che ci andavo la pulivo da cima a fondo, con una scopetta alta quanto me, e di sporcizia e foglie secche ne era piena, dentro un bosco! Era praticamente casa mia, mancava soltanto il mio nome sotto il campanello (che tra l’altro c’è!).  Faticavo ad accettare che dovevo condividerla con mio fratello, ma me ne dimenticavo in fretta quando giocavamo, soprattutto quando ci univamo contro nonno che impersonava il famigerato orso “grizzly” e che quindi dovevamo proteggerci nella casetta e al momento buono scappare con i fucili di legno sulle spalle. Aspettavamo il momento opportuno per uscire dalla finestra e correvamo via, lasciando nonno a girare intorno alla casetta, convinto che eravamo ancora dentro (non ho mai capito se ce lo faceva credere o se ne accorgeva… ).

Il più delle volte ci rintanavamo dietro la roccia magica, e aspettavamo che ci trovasse. Quella roccia era il punto da cui potevamo vedere sia la casetta che il piazzale, e tutto il panorama di fronte, poiché il bosco si estende in salita. Insomma, era un punto strategico, in più offriva gli spunti per numerose avventure, ed ecco perché la chiamavamo “roccia magica”. Appena sotto la roccia, aveva installato un’altalena, sempre home made, due posti, ovviamente, che era perfetta per trasformarsi in un’astronave.
Ormai conoscevo il bosco come le mie stesse tasche, poiché ci passavo la maggior parte del tempo libero, sapevo dove posizionare ogni singola roccia e ogni singolo albero. Parlando di vegetazione, sicuramente hanno la meglio querce e castagni, che in autunno danno una miriade di castagne, e inoltre è terreno fertile per i funghi porcini... quando le talpe non distruggono il terreno costellandolo di buche!
Oggi, anche dopo venti anni e mille avventure sulle spalle, lo spirito del bosco non è variato. Certo, non corro più con un fucile in spalla tra radici e sassi, e dentro la casetta devo stare attenta a non sbattere la testa, ma è e sarà sempre il posto magico della mia infanzia. Adesso ci sono i miei cuginetti a vivere appieno il bosco, e sono felice che possano farlo come l’ho fatto io.
E chissà, magari anche i miei figli ci giocheranno?

Sicuramente la sezione rappresenta al meglio la caratteristica del bosco poiché si estende in salita, ci sono dislivelli e salti di quota. Importanti sono anche le rocce.

Non so se questo imprinting possa caratterizzare il progetto futuro, ma mi piace pensare al ruolo della roccia in mezzo al bosco.  Ho inserito la roccia in un paesaggio fiabesco, poiché era questo ciò che rappresentava nella mia infanzia. Chissà che il nuovo edificio possa incarnare il significato che davo alla roccia all'interno di un tessuto urbano, dove non ci sono limiti alla fantasia e alla sperimentazione.

Due aggettivi appropriati sono: ASCENDENTE - FANTASTICO

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